Una grande parte del pensiero moderno è un pensiero della crisi, come è ben visibile in Rousseau, Nietzsche e Heidegger o per venire a figure più vicine a noi, in Albert Camus, Hannah Arendt e George Steiner. Si tratta di un pensiero dell’angoscia, mentre il pensiero cristiano era un pensiero dell’esilio dell’uomo, e dunque della speranza di una salvezza, e il pensiero antico un pensiero dell’ordinamento del mondo, e dunque della felicità.
Ciò che è in causa è lo stesso senso dell’esistenza umana. Il silenzio degli antichi assoluti, l’eclissi della trascendenza e la perdita di ogni riferimento sono sfociati nel nichilismo dell’epoca postmoderna, in cui tutto ha valore perché niente ha valore. Gli antichi vedevano nell’eterno ritorno il segno della continua rinascita del tempo; i Cristiani erano in attesa dell’avvento che avrebbe manifestato il fine e compiuta l’opera della creazione. Privo del senso dell’eterno come del senso della storia, scomparse le grandi narrazioni, il mondo contemporaneo sprofonda in un tempo vuoto, che conduce solo al relativismo universale.
Ancora non ci sono recensioni.