I viaggi in Italia di un prete pavese

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Il volume pubblica e valorizza un documento singolare quanto difficile a trovarsi: i quaderni con le note di viaggio di un sacerdote pavese, Luigi Marchelli, che ogni anno tra 1865 e 1876 compie un viaggio lungo da tre a cinque giorni per visitare città del nord dell’Italia, in compagnia spesso del fratello sacerdote e dell’anziano padre. Si tratta di viaggi “turistici”, cioè non motivati dal lavoro, da missioni da compiere. In questi anni, e in Italia, siamo alla appena accennata alba del turismo praticato da persone di ceto non elevato. È noto il fenomeno del Grand Tour di nobili (che continuava, dopo gli splendori del Settecento e del primissimo Ottocento) e che aveva nell’Italia una meta irrinunciabile; non mancavano viaggi di borghesi molto abbienti; o viaggi per ragioni “professionali” (diplomatici, militari di alto grado, docenti universitari, alte gerarchie ecclesiastiche) ma si trattava di casi in numero limitato. Nella seconda metà dell’Ottocento, invece, il ben documentato lavoro di Luciano Maffi ci dice che, favorito dallo sviluppo di ferrovie, di strade, di navi, comincia un turismo di ceto meno elevato. E don Marchelli viene proprio da una famiglia di modesti artigiani (il padre era calzolaio), e come giovane sacerdote, con fratello pure sacerdote, non gode di prebende consistenti, ma del modesto reddito di messe celebrate in una chiesa non parrocchiale, e per le suore Canossiane. Lo studio di Luciano Maffi, dottore di ricerca in Storia dell’Età Moderna e Contemporanea, in dense pagine che delineano lo sviluppo degli studi sul fenomeno turistico, contestualizza molto opportunamente le note di viaggio di Marchelli, valorizzandole come prezioso documento di storia economica e sociale: tratte ferroviarie, tempi e costi dei trasporti, strutture ricettive (locande, alberghi, caffè), le persone che vi si incontrano (facchini, guide, altri viaggiatori), pasti, cibi, città e monumenti. Pagine molto godibili e documentate mostrano la rilevanza di queste note per la storia economica e civile del Paese. Qualche attenzione merita anche il protagonista, che Luciano Maffi inquadra nella categoria del “turista culturale”, attento a monumenti, opere pittoriche, panorami e aspetti di natura di straordinaria bellezza, caratteristiche urbanistiche, spettacolari opere di ingegneria (le numerose gallerie o i ponti in ferro di talune tratte ferroviarie). È, come si diceva, figlio di un semplice calzolaio, nato a Pavia nel 1837, dunque in piena dominazione austriaca, ed entrato ragazzo in Seminario, dietro le orme del fratello Antonio. A undici anni è spettatore delle giornate del ’48, in un ambiente (il seminario) dove gli entusiasmi del “Viva Pio IX” accesero gli animi, e dove la delusione e la frustrazione della sconfitta determinarono molti abbandoni, e una crisi spirituale e religiosa di notevole portata. Egli e il fratello perseverarono nella vocazione, ma vissero il decennio 1849-59 in un seminario svuotato, in Pavia – città di confine col Regno Sardo, in cui crescevano fermenti radicali, tanto più nella numerosa popolazione studentesca dell’unica Università della Lombardia. Era studente di teologia (ventiduenne) quando nel 1859, con la seconda guerra di indipendenza, la Lombardia cessa di essere austriaca, e vive gli ultimi due anni di formazione al sacerdozio mentre grandi eventi politici portano alla caduta di tutti gli antichi Stati italiani (tranne quello pontificio, ridotto però al solo Lazio) e nel 1861 si proclama il Regno d’Italia. Nello stesso giorno, a Milano, Luigi Marchelli è ordinato sacerdote. Una nuova vita, sacramentale e ministeriale, gli si apre davanti, mentre lo scenario politico si spalanca: un nuovo vasto Regno, ma con l’ombra densa di uno scontro con il Papa. I diari di viaggio però non ne portano la minima traccia. È invece presente una grande curiosità: il nuovo, grande, finalmente unito Regno, le sue città, sollecitano l’interesse di Marchelli, che le visita. Sono presenti e vive certe “mode” o sensibilità borghesi: l’occhio è attento all’arredo urbano (parchi e giardini), al valore monumentale, civile e (meno significativamente) religioso dei cimiteri, ad alcuni costumi e piaceri, come il caffè nero e le tazze di cioccolata nei caffè, abitualmente frequentati, e al cibo consumato, dettagliatamente (e curiosamente) descritto. È interessante infine la cura con cui don Marchelli registra minuziosamente le spese e la rilevanza di queste: Luciano Maffi ne confronta gli importi con le paghe medie di contadini, di impiegati, di maestri di scuola, giungendo a documentare che il nostro turista investiva nei suoi viaggi notevoli cifre, pari a varie mensilità di lavoratori a reddito medio-basso. Nel ricco patrimonio dell’Archivio Storico Diocesano di Pavia i diari di viaggio di don Marchelli costituiscono una singolare e fruttuosa occasione di ricerca in quanto documento privato che offre diverse e importanti conoscenze della vita sociale, economica e culturale del tempo.

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